venerdì 27 maggio 2011

DIAMO QUALITA' AL LAVORO DI FORZA

Quando si parla di forza, nella stragrande maggioranza dei casi si associa questo concetto al lavoro in palestra, con le macchine e/o con dei sovraccarichi (bilanceri, manubri ecc) o al lavoro pliometrico sul campo (balzi, ricadute, gradoni ecc).

Premesso che questi lavori sono sicuramente efficaci dal punto di vista quantitativo, si deve capire fino a che punto tale lavoro è anche qualitativo: se andiamo ad analizzare un gesto calcistico, sia esso a secco o con palla, in nessuno dei casi ci si avvicina ai tipi di lavori nominati precedentemente.
Ciò significa che biomeccanicamente e in maniera specifica non si va ad intervenire sulla qualità del gesto e ciò che essa comporta, ma si stimola solo la componente muscolare, dando tonicità e un incremento di forza ai distretti sottoposti ai carichi.
In una partita di calcio, i gesti che richiedono un’espressione di forza sono inquantificabili: un colpo di testa, uno sprint, un’accelerazione, una frenata, un cambio di direzione, una copertura di palla, un tiro in porta, sono tutti movimenti che per essere fatti con la giusta intensità richiedono una componente di forza notevole.
È però chiaro che prima di parlare di efficacia, si deve insegnare ai nostri atleti la gestualità: cosi come si insegna inizialmente la biomeccanica di uno squat o di una spinta alla pressa, è altrettanto opportuno dedicare del tempo a ciò che caratterizza la qualità dei gesti richiesti, ossia la tecnica di esecuzione.
Se non si interviene inizialmente su questo, è certo che la performance gestuale degli atleti non sarà qualitativamente elevata: essa sarà cosi meno economica (sia muscolarmente sia dal punto di vista coordinativo-motorio) e, di conseguenza, meno efficace.
Entrando nel cuore dei gesti specifici, personalmente le situazioni di gara che vado ad allenare, dando alle esercitazioni un obiettivo di forza oltre che coordinativo, sono:
-          i cambi di direzione;
-          la coperura palla;
-          il colpo di testa.

Prima di analizzarli singolarmente, credo sia opportuna una premessa per quanto riguarda la definizione dell”obiettivo dell’esercitazione”; ho scritto poche righe fa che i due obiettivi, di forza e di coordinazione, non devono essere visti come due “categorie” indipendenti: perché la prestazione gestuale sia qualitativamente efficace, e quindi venga espressa la massima espressione di forza possibile, è fondamentale che il gesto sia coordinativamente corretto, al fine di avere un movimento energicamente poco dispendioso e totalmente concentrato sulla richiesta (grazie ad una buona coordinazione intermuscolare ed intramuscolare).



I CAMBI DI DIREZIONE: è il gesto a secco più frequente, e meno allenato, che un calciatore si ritrova a compiere in partita; analizzandolo e scomponendolo, si possono ricavare tre fasi che lo determinano, ognuna  caratterizzata da una altissima componente di forza:
- una prima fase di frenata, in cui si deve accorciare la lunghezza dei passi al fine di avere una coordinazione ed un equilibrio corretto per le successive fasi;
- una seconda, microscopica fase di arresto per invertire il senso di marcia in cui è fondamentale essere meccanicamente in posizione corretta (con posizione del baricentro abbassata e sopra gli appoggi, e arti superiori che bilanciano l’eventuale disequilibrio);
- una terza ed ultima fase di accelerazione verso la destinazione (avversario, palla) che deve essere tecnicamente esatta: primi appoggi caratterizzati da una progressiva apertura del passo di corsa, nei quali imprimere sempre la massima forza per poi, a seconda della distanza da percorrere, “aprire notevolmente” gli appoggi.



IL COLPO DI TESTA: è uno dei gesti che richiede un elevato accoppiamento tecnico-coordinativo/atletico; in esso sono racchiuse molte componenti quali lettura della traiettoria, stacco monopodalico, atterraggio bi podalico, coordinazione arti superiori – arti inferiori, gesto tecnico. Risulta chiaro che staccare, ossia saltare, corrisponde ad un balzo, che nulla però ha a che vedere con quelli più comunemente usati, fatti eseguire tra ostacoli, dal momento che gli angoli di lavoro, e di conseguenza l’apertura e la chiusura delle catene cinetiche sono diversi, rendendo pertando diverse le espressioni di forza necessarie per lavorare a quegli angoli di lavoro.


LA COPERTURA PALLA: situazione anch’essa molto frequente che prevede una tensione globale di tutti i muscoli posturali (addominali, dorsali, glutei, polpacci ecc) con l’obiettivo di impedire all’avversario di rubare palla. Si verifica quando si riceve palla da una rimessa laterale, quando la palla sta ricadendo dopo un rimbalzo, quando si vuole coprire il pallone che sta uscendo lateralmente o sul fondo, ecc…
Sono tutte occasioni in cui la muscolatura del giocatore, per brevi istanti, si trova in tensione e che quindi va allenata in settimana sia come obiettivo di forza (isometrica), che tecnico-tattico (capacità di coprire palla).

Per tutti e tre gli esercizi, è chiaro che a fare la differenza, oltre all’intensità richiesta, è anche il volume, ossia la quantità, il numero di serie e/o di ripetute.
In tutti e tre i casi, essendo richiesto il massimo dell’intensità e della “qualità” di lavoro, risulta fisiologico non poter sostenere l’esercizio per più di un breve tempo (qualche secondo) e per più di un certo numero di contrazioni muscolari (8-10), poiché tempo di esecuzione e qualità della performance sono inversamente proporzionali.
Per questo, detto in semplici parole, è opportuno far lavorare il giocatore con serie che durano tanto quanto la massima intensità di esecuzione sia permessa.

…. Ma quindi la forza fatta in maniera “classica”…. non serve e/o non va fatta fare??? NO, personalmente la ritengo molto utile, soprattutto se l’obiettivo è quello di lavorare dal punto di vista preventivo e di tonificazione (quindi in particolar modo ad inizio stagione). Altrettanto importante la ritengo per lavorare in presenza di carenze di forza in determinati distretti muscolari o nel caso di recupero infortuni.
Sul campo, in settimana tipo, è anche proponibile, ci mancherebbe, ma NON deve essere l’unica scelta da attuare; anzi, forse sarebbe opportuno considerarla “un’alternativa” al lavoro di forza specifica che settimanalmente viene proposto sul campo, il che si avvicina di più alle richieste di gioco.